sabato 8 dicembre 2007

1. UN MONDO DI MISTERI

Non vi è nulla di nascosto che non sarà rivelato;
nulla di occulto che non sarà conosciuto.
[Matteo X, 30]


ILLUMINIAMO IL NOSTRO PASSATO

La clipeologia è una disciplina nata di recente, dedita allo studio di tutti quei reperti archeologici e di tutte quelle espressioni artistiche che possano farci sospettare la presenza, nel nostro passato, di esseri alieni intelligenti provenienti da altri mondi. Il termine deriva dalla parola latina clipeus, coniata per indicare lo scudo tondo usato dagli antichi Romani . Infatti, i nostri avi ci lasciarono molti scritti e testimonianze della presenza di strani clipea ardentes nel cielo, ovvero, di UFO ("Unidentified Flying Object", "oggetto volante non identificato" – OVNI, in italiano) . La clipeologia non è altro che un ramo ancora eretico dell'archeologia, non molto presa in considerazione dalla scienza “ufficiale”, perché ritenuta più una serie di fantasie che di fatti reali e dimostrabili. Il fatto che non si possano dimostrare i fatti clipeologici del passato è vero solo in parte, in quanto, non è detto che in futuro non si possano avere delle risposte alle molte domande imbarazzanti che affollano le menti degli studiosi. Non bisogna escludere a priori il fatto che possano essere accadute davvero tali cose, definite “fantasiose”. È doveroso ricercare, indagare, spingersi il più possibile nell’oscurità entro cui ancora giace parte del nostro essere. Che cos’erano quei dischi ardenti che i Romani vedevano sfrecciare nei loro cieli? Cosa vollero rappresentare alcuni artisti nelle loro opere? In molte di esse è possibile notare strani oggetti luccicanti nel cielo, oggetti fuori posto, anacronistici, definiti anche “OOParts”, ovvero, Out Of Place Artifacts (Oggetti fuori posto) . Probabilmente, gli UFO erano una realtà già allora e, in alcuni casi, questi non si limitarono a solcare silenziosamente i cieli del mondo antico. In molti casi vi dovettero essere dei contatti tra gli uomini dell’antichità e i loro “dèi”. Esseri superiori visti come divinità dalla gente di allora. Non dimentichiamo che una cosa simile avvenne nuovamente durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli aborigeni australiani costruirono feticci in paglia a immagine e somiglianza dei loro dèi: le misteriose macchine volanti che solcavano i cieli dell’Australia di allora. Ovvero, semplici aerei militari di nazionalità statunitense. Era la prima volta che quegli indigeni vedevano simili cose e ne rimasero affascinati a tal punto da interpretare tali eventi come divini. Gli antropologi hanno studiato questo curioso episodio, coniando il concetto del “culto del cargo” , ovvero, il culto degli indigeni per i loro dèi del cielo. Un concetto che, volendo, potremmo applicare anche al passato della Terra, parlando di un culto del cargo preistorico. Già lo scrittore greco Evemero (340-260 a.C. circa) credeva che «gli eroi e i personaggi mitici altro non [erano] che uomini divinizzati dall’ammirazione dei popoli (…); tutta la mitologia è una trasposizione di eventi storici» . Molti elementi c’inducono a proseguire le nostre ricerche in questa direzione (...).


Giorgio Pastore


Fonte:
Giorgio Pastore, Dèi del Cielo, dèi della Terra, Eremon Edizioni, pp. 18-23.

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